Una premessa essenziale. Da anni i giornalisti invocano una profonda riforma della professione; è ora di costruire le condizioni che ne rendano possibile l’approvazione, per la piena attuazione del diritto ad informare e ad essere informati, per un giornalismo che sia al passo dei tempi.
Non basta dichiararsi riformisti; occorre indicare i valori fondanti: l’unità della categoria e dei suoi enti, la libertà, l’autonomia e l’indipendenza dell’informazione, il richiamo a un giornalismo consapevole del proprio ruolo e delle proprie responsabilità. I nostri valori sono costituiti dal rispetto della Costituzione, della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, dall’osservanza della legge istitutiva dell’Ordine e del Testo unico della deontologia. Oltre al rispetto dei valori fondativi della nostra Repubblica, il nostro tratto distintivo è rappresentato dall’attenzione ai temi dell’etica dell’informazione, a partire dai principi espressi dalla Carta di Assisi.
Siamo e saremo costantemente al fianco dei colleghi non tutelati e continueremo a mobilitarci a difesa dei giornalisti minacciati, perseguitati, uccisi , sia in Italia che all’estero. Abbiamo a cuore la dignità dei cittadini, soprattutto delle fasce meno abbienti che non hanno risorse per difendersi: per questo ci impegniamo a promuovere un’informazione attenta e rispettosa, rafforzando il ruolo della funzione disciplinare dell'Ordine e sostenendo la creazione di un Giurì dell’informazione.
L’Ordine deve essere espressione di una professione rinnovata: per questo deve aprirsi alla società e non essere mero custode dell’Albo e scrupoloso esecutore delle funzioni di una legge di 57 anni fa ai cui valori ci ispiriamo, ma che riteniamo debba essere profondamente modificata e attualizzata. Serve un nuovo protagonismo dell’Ordine che ci impegniamo a promuovere. Negli ultimi tre anni Controcorrente ha fatto parte della maggioranza, ma ha costantemente reclamato, spesso inutilmente, maggior coraggio e determinazione. Nonostante le critiche e un confronto talvolta aspro abbiamo scelto la via della responsabilità, ma adesso occorre un cambio di passo: la professione si trasforma in maniera rapidissima e l’Ordine non può rimanere ancorato a concezioni superate. Per questo abbiamo scelto di sottoscrivere questo appello e intendiamo sostenere in maniera convinta la candidatura a presidente del collega Carlo Bartoli e di tutti coloro che sceglieranno di presentarsi per sostenere il programma di ContrOrdine. Condividiamo un impegno fondato sullo spirito di servizio e non sull’interesse personale: anche per questo ci pare inopportuno il cumulo delle cariche.
Una legge “antica”. La definizione del lavoro giornalistico e il suo inquadramento si basano ancora sulla legge 69 del 1963. Per tentare di rendere compatibile la legge con una realtà molto diversa si è fatto ricorso nei decenni a una serie di interventi correttivi, a cominciare dal Dpr 64 del 1976 che introduce la figura del giornalista di immagini. Successivamente, sono stati approvati dal Consiglio nazionale nel 1988, nel 1991 e infine nel 2002 nuovi criteri interpretativi dell’articolo 34 della legge istitutiva. Si sono adeguate le regole di accesso, sono state introdotte nuove figure professionali e nuovi riferimenti contrattuali. L’ultimo tassello di questa lunga serie di modifiche adeguamenti è rappresentata dal cosiddetto “ricongiungimento”. Questa stratificazione di interventi indica due cose:
1. è indispensabile e irrimandabile un intervento legislativo per definire un quadro organico e aggiornato dei canali di accesso alla professione che sono stati generati con una logica “per accumulo e stratificazione”;
2. in attesa di una legge di riforma, è necessario approvare urgentemente nuovi criteri interpretativi e quindi proseguire almeno temporaneamente sulla strada dell’autoriforma.
L’autoriforma. Un punto nodale è rappresentato dal “luogo” del giornalismo: attualmente l’attività giornalistica, per essere riconosciuta dall’Ordine, deve essere svolta in una testata registrata. Il superamento di questo vincolo pone diversi interrogativi ma è impossibile continuare a ignorare il tema. Per questo si potrà affidare ai Consigli regionali la gestione di una prima fase sperimentale nella quale, sulla base di un attento esame dei singoli casi, consentire l'accesso all’Ordine anche ai colleghi che non